Con il nome di vie (viae in latino) venivano indicate le strade extraur- bane che partivano da Roma; normalmente la loro creazione era spon- tanea e.
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Strade romane - Wikipedia. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Le strade romane erano essenziali per la crescita del loro Impero, in quanto consentivano di muovere rapidamente il loro esercito.
L'enfasi romana sulla costruzione di strade diritte risult. Il termine deriva dalla radice indoeuropea*wegh- con il suffisso - ya, che significa . A partire dal IV secolo a. C. Il tutto veniva cementato con la calcina.
Poi venivano rivestite di grosse lastre poligonali di basalto o calcare incastrate perfettamente tra loro; gli interstizi erano riempiti da breccia, poi brecciolino, infine le pi. Erano larghe dai 4 ai 6 metri, cos. Le legioni fecero buon uso di queste strade, ed alcune sono tuttora utilizzate, dopo ben due millenni. Un proverbio popolare recita che . Nei primi secoli di vita della Repubblica, seppure manchino chiare evidenze storiche, il disegno della rete viaria romana che correva lungo la penisola consentiva agli eserciti consolari di spostarsi verso le prime province conquistate, come ad esempio la Sicilia e la Gallia Cisalpina. Al momento della massima espansione dell'Impero la rete viaria romana misurava oltre 8.
Roma verso l'Italia e altre che toccavano tutti i territori dell'Impero, dalla Britannia alla Mesopotamia, dalle Colonne d'Ercole al Mar Caspio. Le strade erano dotate di pietre miliari, che indicavano la distanza in miglia dal miliario aureo, ideale . Di essa venivano realizzate, e vendute, copie in pergamena, con sotto- mappe parziali, ognuna con un particolare itinerario. Il servizio postale era gi. Qui si poteva far tappa per mangiare e dormire, trovare acqua e biada per i cavalli e cambiarli quando si andava di fretta. Le tappe forzate si facevano cambiando continuamente i cavalli e si dormiva nella biga o carro mentre l'Auriga guidava. Le strade pavimentate iniziarono storicamente con le vie di Roma.
Le leggi delle Dodici Tavole, datate attorno al 4. C., specificano che una strada dovesse essere larga circa 2,4. Le stesse tavole prescrivono la costruzione di strade, e il libero passaggio dei viaggiatori sulle terre private dove la strada fosse inagibile. Per questa ragione la costruzione di strade che non necessitassero di frequenti riparazioni divenne quasi un obiettivo ideologico. Le leggi romane definivano il diritto di usare una strada come servitus (da cui il moderno termine giuridico . Una strada combinava ambedue i tipi di servit.
La larghezza standard era la latitudo legitima di 8 piedi. In queste aride leggi possiamo notare la prevalenza del diritto pubblico su quello privato, fatto che caratterizzava l'ordinamento repubblicano. Con la conquista dell'Italia le vie pavimentate vennero estese da Roma e i suoi dintorni fino alle citt.
Costruire una strada era una responsabilit. Questo processo aveva persino una definizione militare, viam munire, come se la strada fosse una fortificazione (vedi limes romano). Alcuni collegamenti nella rete viaria erano lunghi fino a 9. I costruttori spesso cercavano di mantenere una larghezza standard, ma esistono strade che vanno da 1,1. Naturalmente si cercava di costruire strade dritte, e molti tratti effettivamente lo sono, ma certo non tutti. Il costruire strade rettilinee portava spesso a salite ripidissime, impraticabili per il traffico pesante dell'epoca: con il passare del tempo i romani capirono questo problema, e costruirono alternative pi.
Sia le une che le altre potevano essere pavimentate o meno, ad esempio con solo uno strato di ghiaia e sterco di asino, come accadeva in Nordafrica. Queste strade preparate ma non pavimentate venivano chiamate viae glareae o sternendae (. Dopo le strade secondarie venivano le viae terrenae, normalmente sterrate. Una mappa stradale dell'impero mostra chiaramente che la rete viaria lo copriva in larghissima parte. Oltre i confini non esistono strade, ma si pu. La pietra miliare, o miliarum era una colonna circolare su di una solida base rettangolare, infissa nel terreno per oltre 6. Alla base recava scritto il numero di miglio della strada su cui si trovava.
All'altezza dello sguardo del viaggiatore si trovava inoltre un pannello con indicata la distanza dal Foro di Roma e altre informazioni sugli ufficiali che avevano costruito o riparato la strada, e quando. Le pietre miliari sono preziosi documenti storici.
Le loro iscrizioni sono raccolte nel volume XVII del Corpus Inscriptionum Latinarum. I romani avevano una spiccata preferenza per la standardizzazione, ove possibile, e Augusto, dopo essere divenuto Commissario permanente alle strade del 2. C., posizion. Si considerava che tutte le strade iniziassero da questo monumento in bronzo. Su di esso era riportata la lista delle maggiori citt. Non ci volle molto perch. Qui di seguito un elenco: ad secundum lapidem (II)ad tertium lapidem (III)ad quartum lapidem (IV)ad quintum lapidem (V)ad sextum lapidem (VI)ad septimum lapidem (VII)ad octavum lapidem (VIII)ad nonum lapidem (IX)ad decimum lapidem (X)ad quintum decimum lapidem (XV)ad tricesimum lapidem (XXX)ad centum triginta lapidem (CXXX)Una legione in marcia non aveva bisogno di un punto di sosta, perch.
I dignitari e i viaggiatori comuni non avevano una legione al loro servizio, perci. In esse si usavano dei passaporti per identificare l'ospite. All'epoca un carro poteva viaggiare per circa 8 miglia al giorno, i pedoni un po' di pi. Qui il viaggiatore per servizio trovava un'intera villa dedicata al suo riposo.
Spesso attorno alle mansiones sorsero campi militari permanenti o addirittura delle citt. La funzione era la stessa, ma la loro reputazione era inferiore, perch.
Nei tempi antichi le case vicine alla strada dovevano offrire ospitalit. Il termine non significava . Con lo sviluppo di Roma crebbero anche le tabernae, che divennero pi. Uno degli ostelli migliori era la Tabernae Caediciae a Sinuessa, sulla via Appia. Aveva un grande magazzino con otri di vino, formaggio e prosciutti. In questi due casi rimane nel nome della citt.
Si trovavano a intervalli di 1. Qui si potevano comprare i servizi di carrettieri, maniscalchi e di equarii medici, cio. Usando queste stazioni per una staffetta di carri, l'imperatore Tiberio riusc. Le donne sposate e gli ufficiali governativi in viaggio per servizio erano autorizzati all'uso di veicoli. La Lex Iulia Municipalis limitava l'uso dei carri da trasporto nelle ore notturne entro le mura cittadine e a un miglio di distanza da queste. Nelle aree extraurbane i Romani usavano molti tipi di veicolo, alcuni dei quali sono qui descritti. Per una descrizione sommaria, i veicoli romani possono essere suddivisi in cocchi, diligenze e carri.
I cocchi trasportavano una o due persone, le diligenze un gruppo e i carri servivano per le merci. Il pi. Questo cocchio era aperto in alto, ma il frontale era chiuso.
Questo cocchio portava il guidatore e un passeggero. Un currus a due cavalli era chiamato biga, a tre cavalli triga e a quattro quadriga. Le ruote erano in ferro, e venivano facilmente smontate per poterlo meglio immagazzinare quando non veniva usato. Una versione pi. Aveva una copertura ad arco in tessuto, e veniva tirato da muli. Era tirato da due muli o cavalli, e serviva come un taxi, i cui guidatori erano chiamati cisiani. Il costruttore invece si chiamava cisarius.
La diligenza pi. Gli alti lati formavano una specie di scatola, dentro la quale venivano montati dei sedili. Ogni lato aveva uno sportello per entrare.
La reda portava diverse persone con i loro bagagli, fino al massimo peso legalmente consentito di 1. Veniva tirata da una muta di buoi, muli o cavalli, e poteva essere coperta con della stoffa in caso di cattivo tempo, somigliando al carro da pionieri che tutti conoscono. La reda probabilmente era il veicolo pi. I veicoli a noleggio si chiamavano redae meritorie, mentre le redae fiscalis erano veicoli governativi, potremmo dire le auto blu dell'epoca.
Sia il costruttore che il guidatore venivano chiamati raedarius. Il carro pi. Era semplicemente una piattaforma di assi montata sugli assi delle ruote. Queste (tympana) erano in legno pieno e dello spessore di diversi centimetri. Il carro poteva anche avere dei lati, fatti di assi o con una specie di ringhiera.
A volte sul carro si trovava un grande cesto di vimini. Ne esisteva anche una versione a due ruote, e quella a quattro si chiamava plaustrum maius. L'esercito usava un carro standard.
Il servizio di trasporto si chiamava cursus clabularis, dal nome del carro carrus clabularis (detto anche clabularius, clavularis o clabulare). Questo carro viaggiava al seguito delle legioni, trasportandone gli impedimenta, cio. La posta veniva trasportata su di un cisium dotato di una scatola, ma per una consegna pi. Una rete di corrieri a cavallo riusciva a coprire anche 5.
Il corriere portava un caratteristico berretto in pelle, chiamato petanus. Lavorare come corriere era un'occupazione pericolosa, perch. Probabilmente le carte esistevano, ma erano documenti speciali di alcune biblioteche, erano difficili e care da copiare e non venivano usate.
Comunque il viaggiatore del sistema stradale romano doveva avere un'idea di dove stesse andando, di come arrivarci, di quanto tempo ci volesse. Per questo esisteva l'itinerarium. In origine era una semplice lista di citt.
Poco dopo apparvero le liste generali, che comprendevano le altre liste. Per dare ordine e maggiori spiegazioni, i romani disegnavano dei diagrammi di linee parallele che mostravano le ramificazioni delle strade. Parti di questi diagrammi venivano copiati e venduti ai viaggiatori. I migliori avevano dei simboli per le citt. Questi itineraria per. Giulio Cesare e Marco Antonio commissionarono il primo nel 4. C. Vennero ingaggiati tre geografi greci, Zenodoxus, Teodoto e Policlito, per supervisionare il lavoro e compilare l'itinerario.
Il lavoro richiese 2. Pantheon, da cui i viaggiatori e i venditori di itinerari potevano liberamente copiare le parti che li interessavano.
Un altro itinerario maestro, l'Itinerarium Provinciarum Antonini Augusti (Itinerario Antonino) venne iniziato nel 2. C. Venne stampato per la prima volta nel 1. Un famoso itinerario che ci .
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